Il Governo pone la fiducia sul decreto del Fare

Il governo pone la questione di fiducia sul decreto legge Fare nell’Aula della Camera. Lo ha annunciato all’Assemblea di Montecitorio il ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini. La fiducia è posta sul testo approvato dalle commissioni. 
La presidente della Camera, Laura Boldrini, ha quindi sospeso la seduta convocando per le ore 12 la conferenza dei capigruppo: in quella sede dovrà essere deciso il prosieguo dei lavori dell’Assemblea.

«Da qui alla pausa estiva dei lavori parlamentari abbiamo un calendario complicato: bisogna esaminare sei decreti legge, le leggi europee, il ddl di riforma costituzionale, il testo sul finanziamento pubblico ai partiti e quello sull’omofobia: affrontare il voto su 800 emendamenti al dl Fare non consentirebbe di riuscire ad esaminare tuutto in tempo», ha detto Franceschini prima di porre la fiducia sul testo. Franceschini ha spiegato che Lega e Sel avevano ridotto i loro emendamenti, così come la maggioranza, che si era limitata a sole dieci richiesta di modifica del testo.

La stessa disponibilità non è arrivata dal M5S. «Abbiamo avuto – ha ricordato il ministro – un incontro stamani e ci è stato detto che se avessimo accolto una serie di loro emendamenti gli altri sarebbero stati ritirati. Quando abbiamo obiettato che una parte di essi era ammissibile e un altra no per ragioni di copertura ma anche di merito, quel gruppo ha deciso di chiedere il voto su tutti gli emendamenti».

Il M5S. «Alla fine avevamo presentato otto-nove punti qualificanti di modifica al decreto ‘del Farè, punti che avrebbero migliorato un testo pressochè impresentabile. Al governo, però, evidentemente non interessa affatto licenziare norme utili al Paese». È l’accusa mossa dai deputati del MoVimento 5 Stelle, dopo che l’esecutivo ha posto la fiducia sul testo in discussione alla Camera, «un testo impresentabile», a detta dei pentastellati. Le proposte avanzate dai 5 Stelle puntavano ad «estendere la riduzione del Cip 6 anche agli inceneritori, togliere la scandalosa deregulation sulle sagome degli edifici demoliti e ricostruiti, favorire il pagamento degli stagisti del ministero della Giustizia, aprire un fondo di sostegno alle Pmi in cui poter versare le eccedenze degli stipendi dei parlamentari, rendere più aperta e democratica la gestione della Cassa depositi e prestiti, rivedere la Tobin Tax per colpire il day trading, ricalibrare l’Iva sui servizi portuali, vincolare infine gli incentivi per i nuovi macchinari al mantenimento dei livelli occupazionali e delle strutture produttive sul territorio nazionale». «Con questi provvedimenti il dl ‘Farè sarebbe stato almeno presentabile – secondo gli eletti M5S – Al ministro Franceschini abbiamo lasciato intendere che non ci interessa la mera contabilità degli emendamenti presentati o approvati. E tantomeno le pantomime mediatiche su sterili battaglie, tipiche di una certa opposizione. A noi interessano le modifiche concrete e puntiamo sempre a portare a casa i risultati».

Wi-Fi libero resta gratuito. «La versione dell’articolo 10 del decreto legge del fare approdata nell’Aula di Montecitorio rischiava di danneggiare definitivamente il wi-fi nel nostro Paese. Gli obblighi che imponeva ai gestori di connessioni wireless – parliamo di bar, ristoranti, alberghi – erano più gravosi del tanto vituperato decreto Pisanu. Insomma: non c’è mai fine al peggio». Così il deputato del movimento 5 stelle, Paolo Nicolò Romano, all’indomani delle modifiche apportate all’art. 10 dalle Commissioni Affari Costituzionali e Bilancio riunite ieri sera per un ulteriore approfondimento del decreto legge in vista della conversione, facendo proprio, dopo una lunga discussione, l’emendamento 10.200 del deputato Paolo Nicolò Romano del M5S. «L’accoglimento del mio emendamento è stata una scelta obbligata per la maggioranza. Costringere i gestori ad assegnare temporaneamente un indirizzo IP per tracciare i MAC Address dei device degli utenti che accedono alla rete wireless, mantenendo contestualmente anche un registro informatico di queste connessioni, non solo rappresentava un impegno gravoso per gli esercenti pubblici ma, come hanno evidenziato autorevoli esperti, era anche tecnicamente improponibile, perchè sarebbe occorso installare e gestire un server apposito, dotando allo stesso tempo tutti gli esercenti di IP pubblici che nel mondo sono esauriti. Inoltre – continua l’esponente del M5S – il testo approdato all’esame dell’Aula si contraddiceva in più punti, perchè da una parte disponeva l’esenzione dei gestori all’identificazione dei clienti, dall’altra imponeva la tracciabilità dei MAC Address che, come ha ben evidenziato il garante della privacy, ai sensi della Direttiva europea sulla riservatezza e del Codice privacy, è comunque una identificazione dei clienti. Quindi una norma inutile, contraddittoria e pericolosa che siamo riusciti a modificare nella seduta di ieri in Commissione. Purtroppo – conclude il deputato Paolo Nicolò Romano – molte sono le norme inutili, contraddittorie e pericolose presenti in questo decreto del disfare».

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