Renzi ha incontrato il presidente Napolitano
Questa volta si è presentato al Quirinale in abito grigio scuro. Non come al ricevimento per gli auguri alle alte cariche dello Stato prima della pausa natalizia, quando l’invitato Matteo Renzi, segretario del Pd allora di fresca elezione, sfoggiò un completo grigio chiaro, non proprio da cerimonia ecco. Un particolare che è stato notato al Colle, quando nel pomeriggio di ieri il leader Dem ha varcato di nuovo la soglia del Palazzo per un colloquio di un’ora con Giorgio Napolitano. La parola fatidica, quella sta terremotando i rapporti tra Pd e governo, non è stata pronunciata: rimpasto. Cortesia diplomatica – dicono dal Colle – anche nei confronti del presidente del Consiglio Enrico Letta, via da Roma perché impegnato in una serie di incontri istituzionali in Messico. Ma se il rimaneggiamento della squadra dei ministri è finito in stand-by, anche per lo stop arrivato dallo stesso Renzi (“Roba da prima repubblica, che noia…”) nonché da Angelino Alfano (interessato a non perdere tutti i ministri che ha), di certo il tema della durata del governo si è imposto quanto meno come convitato di pietra nel faccia a faccia tra il segretario e il presidente. I due hanno discusso di riforme e legge elettorale: il leader Dem ha rassicurato sulle prime, ergo la legislatura dura per tutto il 2014, registrano al Quirinale. Ma il secondo punto non ha rassicurato affatto il capo dello Stato.
Con Napolitano, Renzi ha insistito sulla necessità di approvare “un sistema di voto maggioritario”, cioè di “non accontentarsi” del proporzionale puro che viene fuori dai ritocchi della Corte Costituzionale sul Porcellum. Le motivazioni della Consulta sulla sentenza che a dicembre ha di fatto abolito il Caldelrolum sono state oggetto del colloquio tra il segretario del Pd e il presidente della Repubblica. Ed è anche da qui che parte l’accelerazione del leader Dem in materia di legge elettorale. L’idea è di sfornare una proposta del partito entro una settimana, vedere se Alfano ci sta, se fa sul serio: insomma, verificare subito se la materia del sistema di voto è un affare che si possa sbrigare dentro il perimetro della maggioranza di governo, come vorrebbero Letta e Napolitano. Altrimenti per Renzi scatta il piano B: l’intesa con Silvio Berlusconi e/o con Beppe Grillo. E’ questa l’arma che il segretario continua ad agitare, benché sia rimasta ufficialmente nascosta nel faccia a faccia al Colle. Del resto, va registrato che al Senato è pronto a votare l’abolizione del reato di clandestinità insieme al M5s, dopo che i grillini hanno cambiato idea su un argomento che invece è ancora tabù nei colloqui tra Dem e Alfano. Insomma, un’altra maggioranza, seppure sulla Bossi-Fini e non ancora sulla legge elettorale, è già dietro l’angolo.
E’ una cornice che non rassicura sulla durata della legislatura. Dopo l’incontro al Colle, il segretario incontra i vertici del partito al Nazareno: 50-60 dirigenti, tra capigruppo in aula e in commissione più uffici di presidenza, riuniti nella sala grande, quella delle direzioni Pd. Ufficialmente sono convocati per fare il punto sul contratto di coalizione da siglare con Letta e gli alleati. Ma il vertice è occasione anche per distillare pillole sulla legge elettorale, vero oggetto del contendere in maggioranza, impantanato sullo scontro sui tempi della riforma, prima ancora che sui modelli (ispanico, mattarellum, doppio turno). Ed è questo che preoccupa Napolitano.
Perché il piano renziano è di portare a casa la legge elettorale entro la metà di marzo, quando di fatto sarà ancora aperta la finestra elettorale per tornare al voto a maggio con le europee. Al contrario, il piano lettian-quirinalizio è di mettere al sicuro la legislatura, farla durare fino al 2015, prevedendo un’approvazione della legge elettorale non prima delle europee. Resta questo il punto di frizione, esattamente come nell’incontro tra Renzi e Letta venerdì scorso a Palazzo Chigi. E’ la stessa questione ‘tempi’ ad aver allontanato l’ipotesi di rimpasto e Letta-bis messa in campo da Letta per legare Renzi al governo. Il segretario non ci sta se prima non ha garanzie sulla legge elettorale. Al punto da minacciare di non indicare nessuno dei suoi nella nuova squadra di governo se il premier continuasse ad insistere sul rimpasto prima di tempi maturi. Per Renzi matureranno solo nel momento in cui avrà la certezza di un accordo sulla legge elettorale in senso maggioritario. “Io non ho chiesto il rimpasto, se Enrico ritiene di fare modifiche e vuole parlarne, prontissimi a farlo ma per noi sono prioritari i contenuti, non chiediamo spazi”, ha spiegato il segretario nel vertice al Pd.
In giornata i suoi escludevano che si potesse firmare “patto di coalizione e rimpasto nei prossimi 15 giorni”. Come dire: nessun assegno in bianco prima dell’approdo in aula alla Camera della discussione sulla legge elettorale. Sarà quella la prova del nove per verificare la disponibilità di Alfano. E da lì si capirà se il governo dura, se ci sarà un rimpasto di piccole o grandi proporzioni oppure se crolla tutto. “O tutto o niente: niente rimpasto e niente patto se prima non c’è legge elettorale”, è il ragionamento di un altro renziano doc, esperto della materia. Ma il percorso per arrivare all’obiettivo appare accidentato e pieno di incognite. Inclusa quella di uno show down non ben calcolato con un ritorno al voto col proporzionale puro, quello tracciato dalla Consulta che metterebbe fine all’avventura politica di Renzi da leader, molto probabilmente. E’ un rischio che al momento il Pd a trazione renziana sta facendo di tutto per non correre.