Camorra: il pm chiede dodici anni per il boss Alfonso Nino

Nola. Dodici anni di carcere al boss Alfonso Nino. È la richiesta formulata dal pubblico ministero dalla Dda di Napoli, Simona Di Monte al termine della  requisitoria nei confronti del capo dell’omonima organizzazione criminale e  di due suoi gregari: Antonio Covone 38 anni di Marigliano e Giovanni  Petrella 36 anni di Acerra. Per tutti e tre il capo di imputazione è di  estorsione aggravata dal metodo mafioso. Lo storico capoclan in carcere da  diversi anni rischia una nuova pesante condanna. Il verdetto è atteso prima  dell’estate.  Il processo giunto alle battute conclusive prende spunto da  un’inchiesta del 2009 che permise di smascherare un’estorsione ai danni di  una ditta che si era aggiudicata l’appalto per la manutenzione del verde  pubblico e del servizio di pulizia delle strade nel comune di San Vitaliano.  I tre componenti del sodalizio criminale si erano presentati dal titolare  della ditta imponendo il pagamento di una tangente di 7mila euro per la tranquilla prosecuzione dell’attività. Alla richiesta di pizzo aveva preso  parte anche Vincenzo Aliberti, morto successivamente in un agguato di camorra a Mondragone. La somma doveva essere versata in tre rate: Natale, Pasquale e  Ferragosto. Cosi come previsto dal rigido codice della camorra. L’imprenditore cede anche per paura di ritorsioni e attentati. I  carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna riescono anche  grazie al racconto di un pentito a ricostruire la vicenda.  Scattano  gli arresti. Il processo durato due anni ha ricostruito i fili dell’intricata vicenda. Sono stati ascoltati testimoni, vittime e collaboratori di  giustizia.  Con la fine infatti  della latitanza, durata  ben quindici anni, dei due boss di San Paolo Belsito, gli equilibri criminali sull’area nolana erano saltati.  Con i Russo in carcere, s’era aperta la lotta alla successione per il controllo del territorio tra le tante piccole frange già attive da anni. Una di queste era sicuramente il sodalizio criminale retto da Alfonso Nino che dalla sua terra di origine di  Giugliano da anni aveva  avviato un graduale processo di invasione dell’area  nolana grazie all’appoggio dei Di Domenico, che nei comuni di Cimitile, Cicciano, Camposano e Comiziano conservano uno spicchio di potere.  L’espansione sul territorio nolano del clan Nino-Pianese è stata agevolata anche dal legame tra  Alfonso Nino  e Salvatore  Autorino, figlio di  Geppino, ex luogotenente di Carmine Alfieri, ucciso in un inseguimento dopo  una clamorosa evasione dell’aula bunker del Tribunale di Salerno. Dopo la dissoluzione del clan Alfieri, Autorino e Nino avevano organizzato  un
gruppo autonomo specializzato nel commercio  di videopoker illegali,  gestione del contrabbando di Gpl,  racket nei cantieri, pizzo ai  commercianti e  traffico di sostanze stupefacenti.   Attività su cui gli inquirenti hanno acceso da tempo i riflettori.

Pasquale Napolitano

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