“Ferragosto in carcere”, è allarme sovraffollamento

Anche quest’anno si è svolta l’iniziativa promossa dai Radicali Italiani “Ferragosto in carcere”,  finalizzata al monitoraggio delle effettive condizioni detentive delle persone incarcerate. Condizioni drammatiche. Un’emergenza martellante.  Seguiamo l’onorevole Francesco Barbato (IDV) che ha scelto di visitare il carcere femminile di Pozzuoli. Al 31 giugno 2011, in Campania sono 8061 i detenuti reclusi su una capienza totale di 5593, di cui 352 donne e 979 stranieri. 4298 il totale degli imputati, 3341 condannati in via definitiva, 1899 tra condannati in primo e in secondo grado e 2399 quelli in attesa di primo giudizio. Dati da emicrania.E’ il 14 di agosto ed è ora di pranzo per le detenute della casa circondariale femminile di Pozzuoli. Per questa rovente domenica,  le detenute impiegate nella cucina hanno preparato gnocchi al ragù. Pranzeranno oltre 160 persone recluse in questa struttura che può contenerne al massimo 80. Ci sono stati in passato picchi di 220-240 detenute, ci spiega la sovrintendente degli agenti penitenziari. Il triplo del numero umanamente possibile. Anche per loro è difficilissima la situazione. L’emergenza del sovraffollamento è acuita dalla carenza degli organici e i turni di lavoro diventano massacranti. Entriamo in una delle celle della “Casa”, che nasceva nel ‘300 come convento e la cui architettura non consente pertanto il massimo della sicurezza e dell’accoglienza. Gli occhi si volgono subito ai 6 letti a castello presenti nell’umidissima cella 3X4, ai mobiletti che tra di essi sono incastrati a forza, al tavolo presente al centro, agli sgabelli posti lì dove c’è spazio,alla muffa sulle pareti, alle infiltrazioni d’acqua,  all’intonaco scrostato, alle lamiere arrugginite che costituiscono le pareti del bagno 4×1.5, alle 9 detenute che vogliono raccontare le loro storie. Quasi non riusciamo ad entrarci tutti. Noi, in 4, e loro, in 9. Erano in 12 pochi giorni fa, ora con il trasferimento di 3 delle loro “compagne” sono in 9, hanno qualche metro quadro in più, ma quei letti vuoti “non vanno via”, dicono. Fa caldissimo, si respira male tra gli odori forti del pranzo e le ventate di aria torrida che accompagnano i loro racconti.“E questo è anche uno dei migliori”, ci dice Stefania Cantatore, presidente dell’Unione Donne Italiane.Così per altre 6 celle che, tra tutte le altre, visitiamo. La meno affollata contiene 7 donne. La maggior parte delle detenute puteolane sconta una pena per spaccio di sostanze stupefacenti, oltre il 60%.  Esono anni che risuonano parole come “depenalizzazione”, “depenitenziarizzazione “, per svuotare le carceri. Ma la situazione è ormai al collasso. Altrettanto angoscioso è  per queste donne il problema della fuoriuscita: il contatto con la famiglia e il mondo del lavoro che le discrimina. Rientrare in famiglia diventa una problema proprio perché spesso ci sono figli, mariti e altri parenti prossimi che vivono in un ambiente criminale e quindi l’alternativa non c’è, soprattutto se si abita in zona ad alto tasso di criminalità.Sono tante che escono con i migliori propositi, che giurano di cambiare vita. Ma poi, poco dopo, ritornano. Sono tanti i vuoti lasciati dalla società e dallo Stato, che queste donne colmano con gli stessi errori del passato.  Molto significative in occasione di questa giornata le parole di Donato Capece, segretario generale del Sappe, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria:  “E’ grave che la classe politica, dopo aver visitato in massa le carceri il 15 agosto negli scorsi due anni non sia ancora stata in grado di trovare soluzioni politiche e amministrative al tracollo del sistema penitenziario italiano come invece trovo’ nel 2006 con la legge – fallimentare – dell’indulto. Rinnoviamo allora oggi ai tanti rappresentanti dei cittadini che hanno annunciato di recarsi a Ferragosto in carcere, l’invito e il monito a non sottovalutare la portata storica del loro gesto riducendolo ad un gesto di mera passerella mediatica”. Urgono risposte. Non è certamente giustizia questa umiliante realtà che dimentica che chi sbaglia continua ad essere uomo.

di Giusy Gatta

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