Nola, oggi presentazione del libro di Enzo Tortora al tribunale

“È stato atroce, Francesca. Uno schianto che non si può dire. Ancora oggi, a sei giorni dall’arresto, chiuso in questa cella 16 bis, con altri cinque disperati, non so capacitarmi, trovare un perché. Trovo solo un muro di follia”, scriveva con amarezza da Roma, Carcere regina Coeli, il 23 giugno 1983, Enzo Tortora nelle sue lettere a Francesca Scopelliti, ultima compagna del giornalista e conduttore della fortunata trasmissione televisiva “Portobello”.                                                                        Tortora, nel 1983, finì in carcere per le dichiarazioni di un pentito camorrista, dopo essere stato coinvolto in una retata di 856 persone, e accusato dai magistrati di Napoli di trafficare droga per la camorra . Incredulo e addolorato per l’ ingiusta accusa subita, comincia a scrivere dal carcere alla compagna Francesca, molte lettere, quarantacinque in tutto. Quelle lettere sono ora un libro che, lunedì 26 Settembre, saranno presentate a Nola, alle ore 15,30 presso il Tribunale di Nola, Reggia degli Orsini, Salone delle Armi.

 Dopo i saluti del Dott.Luigi Picardi, Presidente Tribunale Nola, del Dott. Paolo Mancuso, Procuratore della Repubblica Nola, dell’ On. Massimiliano Manfredi, Commissione parlamentare di inchiesta sulle mafie, dell’ On. Paolo Russo, Commissione parlamentare di inchiesta sulle contraffazioni, dell’Avv. Giuseppe Boccia, Direttore Generale Fondazione Forense Nola, Scuola Bruniana , interverranno all’evento frutto della collaborazione tra Scuola Bruniana , l’Ordine degli avvocati del Foro di Nola e la Camera Penale,  l’ On. Francesca Scopellitti, l’Avv. Beniamino Migliucci, Presidente UCPI, l’Avv. Francesco Urraro, Presidente COA Nola e l’Avv. Michele Cerabona, Foro di Napoli. A moderare l’Avv. Giuseppe Guida, Presidente Camera Penale di Nola. A leggere alcuni brani del libro sarà l’attore Aldo Manfredi.

Tema centrale dell’incontro sarà il ricordo di Enzo Tortora, simbolo delle vittime della malagiustizia, battutosi fino all’ultimo non soltanto per affermare la sua estraneità alle accuse ma anche per denunciare le aberranti condizioni di vita dei detenuti.

 

di Ilaria Cappuccio.

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