Pd: è guerra intestina per le liste con gli impresentabili

Un’ombrina al forno rimasta nel piatto è stata la prima “vittima” del terremoto scoppiato ieri alle 14.20, quando all’improvviso a Napoli si è saputo che nell’elenco dei 16 candidati “impresentabili” (in origine 17 ma poi uno è stato depennato) messo a punto dalla Commissione Antimafia c’era anche Vincenzo De Luca, candidato Pd alla presidenza della Campania. 

La portata di pesce, servita all’Hotel Vesuvio di Napoli che ospitava De Luca e il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, nel capoluogo campano per dare una mano al compagno di partito, è stata ignorata dai commensali che fin da subito non hanno nascosto un’irritazione fortissima.

TELEFONI ROVENTI Le linee telefoniche con Roma si sono arroventate. Un antipasto delle polemiche al calor bianco che hanno scandito l’intero pomeriggio. Polemiche soprattutto interne al Pd e nessuno ha più badato all’elenco dei nomi, tutti pugliesi e campani, così schierati: 11 in liste di centrodestra e 5 in liste di centrosinistra. L’elenco diffuso da Rosy Bindi – che non ha precedenti – è stato giudicato dai renziani come un attacco politico ”incostituzionale” e “feroce” come si è sentito dire più volte da esponenti vicini al premier e segretario del partito.

Alla Bindi viene subito rimproverato (lo dice per primo esplicitamente Ernesto Carbone, vicinissimo a Renzi) di aver agito da sola, ovvero di aver infilato il nome di De Luca fra gli “impresentabili” all’insaputa degli altri membri della Commissione. Col risultato che il premier in mattinata aveva definito «inutile» l’elenco perché «tanto nessuno dei nomi individuati sarà eletto». E ai renziani si è unito ben presto il martellamento di De Luca che dalla Campania ha annunciato una querela alla Bindi. Contro la Bindi si sono schierati anche i capibastone delle altre correnti che appoggiano Renzi, a partire dal presidente del partito, Matteo Orfini.

Poi è arrivato anche un comunicato dei vicesegretari Guerini e Serracchiani e una dichiarazione del premier. «Mi amareggia che l’Antimafia sia usata per regolare i conti nel Pd». Immediata la replica di Rosy indi: «Giudicheranno gli italiani chi davero usa le istituzioni per fini politici, ma certamente non sono io». E con lei si sono schierati tutti i capi delle minoranze, a partire da Pierluigi Bersani. Ma c’è anche chi come Gianni Cuperlo ha parlato di «clima interno intollerabile».

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